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In tema di copertura assicurativa nel settore della nautica da diporto la prima circostanza che colpisce l’operatore del diritto è la trasversalità della disciplina: la responsabilità civile derivante dalla circolazione delle unità da diporto trova infatti la propria fonte normativa sia nel nuovo codice della nautica da diporto (D. lgs. n. 171/2005) sia nel Codice delle Assicurazioni Private (D. lgs. n. 209/ 2005 - “CAP”), normative queste che a loro volta contengono richiami espressi ai principi generali previsti nel codice civile in materia di circolazione di veicoli.
Fulcro della disciplina dell’assicurazione obbligatoria per le unità da diporto è l’articolo 123 del CAP il quale prevede che (i) le unità da diporto, con esclusione delle unità non dotate di motore; (ii) i natanti di stazza lorda non superiore a venticinque tonnellate che siano muniti di motore inamovibile di potenza superiore a tre cavalli fiscali e adibiti ad uso privato, diverso dal diporto, o al servizio pubblico di trasporto di persone e (iii) i motori amovibili, di qualsiasi potenza, indipendentemente dall’unità alla quale vengono applicati, non possono essere posti in navigazione in acque ad uso pubblico o su aree a queste equiparate se non coperte dall’assicurazione della responsabilità civile verso terzi prevista dall'articolo 2054 del codice civile.
L’articolo 4 del Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico n. 86/2008 (regolamento emanato in attuazione dell’art. 123 CAP) (il “Regolamento”) precisa ulteriormente che ai fini dell’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi sono considerati in navigazione anche i natanti ormeggiati in acque ad uso pubblico o, più in generale, in acque aperte alla navigazione del pubblico. In relazione all’identificazione dei natanti sottoposti all’obbligo assicurativo, il Regolamento prevede che la stazza lorda e la potenza del motore dei natanti sono quelle risultanti dai documenti di identificazione del motore per i natanti registrati in Italia.
Stante la non perfetta coincidenza terminologia impiegata dal legislatore nel CAP e nel codice della nautica da diporto nell’identificazione delle unità da diporto soggette all’obbligo assicurativo è importante evidenziare che le medesime si articolano nelle tre sottocategorie delle (i) nave da diporto (ogni unità con scafo di lunghezza superiore ai 24 metri); (ii) imbarcazione da diporto (unità con scafo di lunghezza compresa tra i 10 e i 24 metri) e (iii) natante da diporto (ogni unità da diporto di lunghezza pari o inferiore ai 10 metri o unità da diporto a remi a prescindere dalla lunghezza). Tutte le imbarcazioni sopra indicate sono soggette all’obbligo assicurativo con esclusione delle unità non dotate di motore.
Come premesso, anche gli articoli 40 e 41 del codice della nautica da diporto disciplinano la responsabilità civile verso i terzi danneggiati dalla circolazione delle unità da diporto e l’assicurazione obbligatoria, rinviando rispettivamente alle previsioni contenute nel codice civile e nel CAP.
Quanto ai soggetti coperti dalla polizza assicurativa obbligatoria l’art. 123 del CAP rinvia all’art. 2054 c.c. il quale sancisce come principio generale la responsabilità oggettiva del conducente di un veicolo per il danno prodotto a persone o cose dalla circolazione del veicolo salvo provare di aver fatto tutto quanto possibile per evitare il danno. L’art. 40 del codice della nautica da diporto precisa inoltre che ai fini dell’applicazione del suddetto articolo ai mezzi nautici da diporto, il locatario dell’unità da diporto è responsabile in solido con il proprietario prevedendo la responsabilità solidale dell’utilizzatore e del conducente in caso di leasing finanziario.
Oggetto della copertura assicurativa per la circolazione delle unità da diporto è la responsabilità verso i terzi del conducente dell’unità o del proprietario ovvero dell’usufruttuario, del locatario in caso di leasing per la navigazione in acque ad uso pubblico. Analizzando nello specifico gli aspetti caratterizzanti la copertura assicurativa obbligatoria delle unità da diporto si evince che la stessa riguarda esclusivamente i danni alle persone e non anche il danno prodotto a cose come invece previsto dal codice civile. Pertanto, rispetto a quanto previsto nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria dei veicoli, chiunque subisce un danno a cose in occasione di un sinistro nautico potrà agire per il relativo risarcimento nei confronti del soggetto responsabile non potendo per converso agire verso la compagnia assicurativa (a meno che vi siano una espressa inclusione di tale garanzia nella polizza).
Peraltro, il rinvio operato nel CAP alla disciplina codicistica in materia di assicurazione obbligatoria comporta inoltre l’estensione al settore della nautica da diporto dell’evoluzione giurisprudenziale civilistica in tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. Al riguardo si segnala un recente orientamento giurisprudenziale (Cass. Civ. n. 25902/2013; Cass. civ. S.U. n. 6316/2009; Cass. civ. n. 23294/2004) che ha esteso la copertura assicurativa obbligatoria anche ai danni prodotti alle persone dei trasportati a prescindere dal titolo del trasporto. È opportuno precisare che la summenzionata estensione operata dalla giurisprudenza si pone in contrasto con la previsione dell’art. 414 del codice della navigazione il quale prevede che nelle ipotesi di trasporto amichevole colui che assume il trasporto di persone a titolo amichevole è responsabile solo laddove il danneggiato provi che il danno dipende da dolo o colpa grave del vettore o dei suoi dipendenti e preposti. La Corte di Cassazione, intervenuta in materia (Cass. Civ. 25902/2013), ha precisato che nel trasporto amichevole, effettuato con unità da diporto, la responsabilità del conducente è retta dall’art. 2504 c.c. con conseguente residualità (e inapplicabilità) della norma dell’art. 414 del codice della navigazione sul trasporto amichevole, che resta applicabile alla sola navigazione mercantile.